Allarme rosso dell’IPCC: svelata la prima parte della sua 6a relazione di valutazione

A meno di 100 giorni dalla COP 26 sul clima, nel pieno di un’estate flagellata da alluvioni, siccità e incendi devastanti, è stata pubblicata la prima parte della 6a relazione di valutazione del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC). Questa nuova sintesi dei lavori scientifici, presentata lunedì 9 agosto 2021, è quanto mai allarmante. Di cosa si ...

Gérald Maradan & Magdalena Jouenne-Mazurek

13 Ago 2021 7 minuti di tempo di lettura

A meno di 100 giorni dalla COP 26 sul clima, nel pieno di un’estate flagellata da alluvioni, siccità e incendi devastanti, è stata pubblicata la prima parte della 6a relazione di valutazione del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC). Questa nuova sintesi dei lavori scientifici, presentata lunedì 9 agosto 2021, è quanto mai allarmante.

Di cosa si tratta e perché riveste un’importanza cruciale?

Questa relazione intitolata Climate Change 2021: The Physical Science Basis” è un contributo del primo gruppo di lavoro dell’IPCC sugli aspetti scientifici del sistema climatico e dell’evoluzione del clima nel quadro del suo 6° rapporto di valutazione. Fornisce un resoconto, quanto mai preciso, della fisica del clima ed è la prima fonte delle più recenti scoperte scientifiche sull’evoluzione del clima nel mondo. È di capitale importanza alla vigilia della COP 26, che riunirà i leader di alcuni stati e sarà decisiva per il nostro futuro.

Cosa dobbiamo sapere dello stato del clima

Lo sapevamo già, ma d’ora in poi è un fatto comprovato dalla scienza: l’attività umana è la causa del riscaldamento dell’atmosfera, degli oceani e delle terre. Questa relazione lo scolpisce nel marmo. Dimostra anche che ormai molti dei danni causati dal cambiamento climatico sono irreversibili, come l’innalzamento del livello dei mari.

A questo si vanno ad aggiungere degli ulteriori elementi, potenzialmente incontrollabili e ancora poco noti: il preoccupante rallentamento, potenzialmente vicino al collasso, dell’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) (‘Il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica’, enorme sistema di correnti oceaniche che trasporta l’acqua calda verso il nord), la massiccia acidificazione degli oceani, lo scioglimento del permafrost o ancora la fessurazione della calotta glaciale artica.

Altre conclusioni sconcertanti: “negli ultimi 40 anni, ogni decennio è stato più caldo del precedente come mai prima era successo fin dal 1850”. “L’entità dei recenti cambiamenti in tutto il sistema climatico e l’attuale stato di numerosi aspetti del sistema climatico sono senza precedenti rispetto a centinaia, addirittura migliaia di anni fa”.

Quali sono i possibili scenari climatici futuri?

Questo capitolo prende in esame tre modelli di cinque scenari analizzati:

  1. Nel primo, il riscaldamento viene contenuto entro il limite di 1,5 °C rispetto all’era preindustriale,
  2. Nel secondo, la temperatura globale aumenta di 2 °C rispetto al livello preindustriale,
  3. Nel terzo, il riscaldamento raggiunge i 4 °C.

 

Scala di temperature

Allarme rosso dell’IPCC: svelata la prima parte della sua 6a relazione di valutazione

Allarme rosso dell’IPCC: svelata la prima parte della sua 6a relazione di valutazione

Allarme rosso dell’IPCC: svelata la prima parte della sua 6a relazione di valutazione

Allarme rosso dell’IPCC: svelata la prima parte della sua 6a relazione di valutazione

Fonte: https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/downloads/report/IPCC_AR6_WGI_SPM.pdf

La relazione sottolinea che la 1a soglia di 1,5 °C avrà gravi conseguenze per secoli e in qualche caso irreversibili. Già nel 2030 si potrebbe superare questo livello di riscaldamento, vale a dire 10 anni prima di quanto previsto negli ultimi lavori dell’IPCC.

I primi due scenari presuppongono di non usare più la maggior parte delle energie fossili, il che implica profonde trasformazioni al contempo socioculturali, tecnologiche, economiche e politiche.

Il primo prevede una drastica riduzione delle emissioni globali già da oggi ad un ritmo sostenuto, cosa che, considerato l’attuale stato di mobilitazione, rende nulla la sua probabilità di realizzazione dal punto di vista economico, sociale e politico.

Il secondo scenario implica un riscaldamento contenuto sotto i 2 °C e presuppone l’attuazione di politiche climatiche efficaci, rigide e coordinate in materia di restrizioni sull’utilizzo delle energie fossili, soprattutto in questo decennio.

Tutti questi elementi allarmanti concorrono a sottolineare che questo decennio rappresenta la prima possibilità per cambiare direzione, mettendo in atto politiche e strategie climatiche all’altezza delle sfide cruciali che si impongono a livello mondiale.

In realtà, non abbiamo altra scelta se non adottare uno di questi due scenari più ambiziosi. La finestra si sta chiudendo. Ci resta davvero pochissimo tempo per agire.

Mettiamo a fuoco il carbon budget restante

La relazione fa il punto sul carbon budget che consente di rispettare gli obiettivi di 1,5 °C e 2 °C. Dal 1750 l’umanità ha emesso 2.560 miliardi di tonnellate di CO2, ma per limitare il riscaldamento a 1,5 °C se ne dovrebbero emettere solo altre 500.

Seguendo un percorso che prevede pochissime emissioni di Greenhouse Gas (SSP1-1.9), a breve termine si raggiungerà la soglia di 1,5 °C, vale a dire tra il 2021 e il 2040, prima che venga leggermente superata (1,6 °C previsti per il periodo 2041-2060) e poi rispettata a lungo termine (1,4 °C previsti per il periodo 2081-2100).

Non tutto è perduto, ma dobbiamo perseguire l’obiettivo più ambizioso contenuto nell’Accordo di Parigi che punta a limitare incessantemente il riscaldamento a 1,5 °C, in quanto questa à l’unica via percorribile.

Allarme rosso dell’IPCC: svelata la prima parte della sua 6a relazione di valutazione

Fonte: https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/#FAQ

Verso una cooperazione internazionale e regionale rafforzata

Con questa relazione, l’IPCC si occupa per la prima volta degli aspetti regionali del cambiamento climatico. L’IPCC avverte che, come conseguenza dell’aggravarsi del cambiamento climatico, probabilmente i fattori d’impatto climatico di ogni regione subiranno sempre più cambiamenti simultanei e di vario genere, e ciò anche con un riscaldamento globale di 1,5 °C.

Gli Stati sono chiamati a svolgere un ruolo chiave. L’unico scenario possibile per raggiungere l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi è una cooperazione totale e coordinata di tutti i Paesi. Un Paese o una regione non può agire in modo isolato per far fronte alla sfida collettiva e mondiale, che interessa tutte le aree del pianeta pregiudicandole spesso in modo irreversibile.

Gli Stati devono passare dalle parole ai fatti per il conseguimento del traguardo Net-Zero a livello mondiale, rafforzando concretamente i loro contributi determinati a livello nazionale (NDC) previsti per il 2030 e rispettando gli impegni presi.

L’indispensabile contributo delle imprese

Tutte le imprese devono agire adesso, non è più tempo di attendere: occorre ridurre massicciamente le loro emissioni dirette e indirette in base ad un percorso fondato su dati scientifici conforme all’obiettivo di limitare il riscaldamento climatico a 1,5 °C, contribuire alla neutralità carbonica e sviluppare l’innovazione ecocompatibile.

Le imprese non solo devono intraprendere immediatamente un’azione che abbia una portata senza precedenti, ma devono supportarla anche con una strategia ambiziosa verso il traguardo Net-Zero a lungo termine. Se non stanno alle regole del gioco devono essere sanzionate, visto che gli strumenti esistono.

L’innovazione, sebbene assolutamente indispensabile, non può risolvere da sola il problema globale del cambiamento climatico. È necessario un mutamento profondo e veloce dei modelli economici e dei nostri stili di vita, di produzione e di scambio.

Il momento è cruciale per limitare il cambiamento climatico

Questo capitolo si occupa di una constatazione senza appello: è indispensabile che ogni attore economico adotti immediatamente una strategia estremamente aggressiva per la riduzione delle emissioni di GHG. Non possiamo attendere. Ci vorranno anni perché le nostre azioni a favore della tutela del clima facciano effetto (almeno 20 anni). La riduzione delle nostre emissioni di Greenhouse Gas su scala mondiale deve essere veramente drastica, effettiva a breve termine e sostenibile. In questo modo entro 20-30 anni produrrà dei vantaggi sistemici sulla qualità dell’aria e la stabilizzazione delle temperature mondiali.

Queste conclusioni ci fanno capire che è giunto il momento di intervenire con un’azione collettiva per trasformare la nostra economia e i nostri comportamenti a tutti i livelli, vale a dire di individui, comunità, imprese, istituzione e governi. Ciò implica andare oltre gli attuali piani d’azione, e molto velocemente, altrimenti l’obiettivo mondiale di 1,5 °C prima della fine del secolo sarà fuori dalla nostra portata.

Di fronte al pericolo degli effetti del cambiamento climatico a cascata, ogni frazione di grado in più è importante per determinare il nostro futuro e in particolare gli eventi climatici estremi. È un appello a non superare i limiti.

Allarme rosso ben prima della COP 26

Ormai tutta l’attenzione è concentrata sulla COP 26, che si svolgerà dal primo al 12 novembre a Glasgow per mettere in atto le politiche climatiche all’altezza delle conclusioni dell’IPCC. Per il momento sono solo otto i paesi che hanno pubblicato una NDC più ambiziosa della precedente, lasciando un certo divario da superare per uniformarsi entro il 2030 al bilancio del Carbon Budget allineato su 1,5°C.

*Fonte: https://www.nature.com/articles/s41558-021-01097-4?utm_medium=affiliate&utm_source=commission_junction&utm_campaign=3_nsn6445_deeplink_PID100069344&utm_content=deeplink