COP 26: presentazione dei risultati dei negoziati

L’adozione dell’articolo 6, che definisce le modalità di cooperazione internazionale, ha consentito di terminare, dopo sei anni di negoziati, il manuale di applicazione dell’Accordo di Parigi. Questo passo in avanti rende la COP 26 di Glasgow l’appuntamento sul clima più importante da quello di Parigi. La maggioranza degli Stati ammette che limitare il riscaldamento climatico ...

Anouk Faure

18 Nov 2021 6 minuti di tempo di lettura

L’adozione dell’articolo 6, che definisce le modalità di cooperazione internazionale, ha consentito di terminare, dopo sei anni di negoziati, il manuale di applicazione dell’Accordo di Parigi. Questo passo in avanti rende la COP 26 di Glasgow l’appuntamento sul clima più importante da quello di Parigi.

La maggioranza degli Stati ammette che limitare il riscaldamento climatico a 1.5 °C sopra i livelli preindustriali significa dire addio alle energie fossili e che le attuali misure volte a ridurre le emissioni di Greenhouse Gas non sono sufficienti. Tuttavia, la definizione degli obiettivi nazionali è formalmente rinviata alla COP 27.

Il Patto di Glasgow per il clima riconosce che gli attuali obiettivi nazionali sul clima non sono sufficienti a raggiungere l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi

La decisione finale adottata dalle 196 parti dell’Accordo di Parigi, che prende il nome di Patto di Glasgow, riafferma l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura mondiale decisamente al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e invita le Parti ad “[…] accelerare gli sforzi in vista della progressiva riduzione dell’energia prodotta con il carbone e delle sovvenzioni inefficaci per le energie fossili”.

Mentre il testo iniziale parlava della necessità di abbandonare le energie fossili e le relative sovvenzioni, su richiesta dell’India, sostenuta dalla Cina, sono state aggiunte all’ultimo minuto le espressioni “progressiva riduzione” e “inefficaci”.

L’aspettativa per il 2022 è che gli obiettivi puntino più in alto

Il Patto riconosce che gli attuali obiettivi climatici nazionali chiamati Contributi determinati a livello nazionale o Nationally Determined Contributions (NDC) sono ben lungi dall’essere sufficienti per raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento climatico a 1,5 °C, che implica una riduzione dei Greenhouse Gas (GHG) pari al 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010, mentre gli attuali NDC seguono un percorso che porta a + 14%.

Quindi il Patto di Glasgow invita le Parti a rivedere e a rafforzare gli obiettivi previsti per il 2030 entro la fine del 2022, al fine di allinearsi alla temperatura target indicata nell’Accordo di Parigi. Di conseguenza, ogni cinque anni le Parti dovranno aggiornare il loro NDC, ai sensi della decisione adottata sui “calendari comuni”.

Gli impegni assunti alla COP 26 potrebbero consentire di limitare il riscaldamento a 1,8 °C, a condizione che vengano rispettati entro i termini stabiliti

Secondo Carbon Brief se, allo stato attuale delle politiche climatiche, si prevede un riscaldamento da 2,6 °C a 2,7 °C circa entro il 2100 (con un intervallo d’incertezza da 2 °C a 3,6 °C), il rafforzamento di alcuni NDC annunciato durante la COP 26 permetterebbe di guadagnare 3 decimi di grado (in media 2,4 °C). Infine, le promesse su Net-Zero a lungo termine permetterebbero di fare ulteriori progressi riportando il riscaldamento del pianeta a circa 1,8 °C (da 1,4 °C a 2,6 °C) entro il 2100. La sfida principale è quindi di mettere in pratica senza ulteriori indugi le misure necessarie a rispettare questi impegni.

L’adozione dell’articolo 6 segna un importante passo in avanti per la cooperazione internazionale

L’articolo 6 dell’Accordo di Parigi permette al paese che lo desidera di cooperare al conseguimento e al rafforzamento dell’ambizione del NDC. In particolare, i paragrafi 2 e 4 dell’articolo 6 istituiscono due forme di cooperazione fondate sul mercato: in questo modo i paesi, a fronte dell’acquisto di crediti di carbonio, possono includere le riduzioni che hanno fatto oltre i confini nazionali, nel calcolo finalizzato al conseguimento dei loro stessi obiettivi sulla riduzione delle emissioni.

Durante la COP 26, le Parti hanno infine raggiunto un accordo sui punti caldi dei negoziati:

  • È stato arginato il rischio di doppio conteggio. L’articolo 6 prevede un sistema di calcolo idoneo ad evitare il “doppio conteggio” delle riduzioni delle emissioni: ogni paese coinvolto nell’operazione dovrà regolare il suo NDC in base ai crediti venduti (le relative regolazioni).
  • Verranno concessi dei finanziamenti per il Fondo di adeguamento, destinati ai paesi più vulnerabili al cambiamento climatico, attraverso un prelievo dalle transazioni inerenti ai crediti di carbonio (Share of Proceeds). Per questo prelievo i paesi hanno concordato un tasso del 5%, obbligatorio solo nel quadro del meccanismo di cui all’articolo 6.4 (meccanismo che sostituisce il Meccanismo di sviluppo pulito (Clean development mechanism, CDM) del Protocollo di Kyoto).
  • È stata introdotta una garanzia della riduzione delle emissioni mondiali. Al fine di potenziare la riduzione delle emissioni nel quadro delle operazioni di cui all’articolo 6, il 2% dei crediti di carbonio sarà annullato e quindi non potrà più essere incluso in nessun calcolo finalizzato ad un obiettivo climatico.
  • Sono state convalidate le condizioni per la transizione dei crediti e i progetti del protocollo di Kyoto. Uno dei punti che bloccava i negoziati dell’articolo 6 era la transizione del CDM nel nuovo meccanismo dell’Accordo di Parigi (articolo 6.4). Finalmente è stato osservato che le unità del CDM potrebbero passare al nuovo meccanismo, a condizione che siano state generate dopo il 2013 e che vengano utilizzate solo per la realizzazione dei primi NDC (entro il 2025 o il 2030 per la maggior parte dei paesi).

Inoltre, è stato creato un comitato di Glasgow sui meccanismi di cooperazione non commerciale al fine di avviare un programma di lavoro sull’articolo 6.8. Da giungo 2022 si riunirà due volte all’anno con l’organo sussidiario di consulenza scientifica e tecnologica, noto come Subsidiary Body of Scientific and Technological Advice – SBSTA.

Di conseguenza, questo nuovo quadro dovrebbe consentire di orientare importanti fonti di finanziamenti pubblici e privati verso gli interventi di mitigazione e adeguamento al cambiamento climatico. Il mercato del carbonio volontario dovrebbe allinearsi progressivamente a queste nuove regole e quindi proporre dei crediti di carbonio ai sensi dell’Accordo di Parigi.

Il finanziamento per la lotta al cambiamento climatico e l’adeguamento climatico sono rinviati alla COP 27

Dalla COP26 non è scaturita nessuna decisione formale sul finanziamento dell’adeguamento agli impatti del cambiamento climatico, se non attraverso l’articolo 6. Tuttavia le parti sono invitate a sottoporre il loro calendario per l’adeguamento prima della COP 27, visto che finora lo hanno fatto solo in 35.

La definizione di un piano d’azione per il finanziamento per la lotta al cambiamento climatico dopo il 2025 farà parte anche dell’ordine del giorno del prossimo anno, mentre la presidenza della COP “nota con profondo dispiacere che non è ancora stato raggiunto l’obiettivo dei paesi sviluppati di investire congiuntamente 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 nel contesto di misure di mitigazione significative e di trasparenza sulla loro attuazione”.

Prossimamente, vi spiegheremo quali sono le implicazioni di queste decisioni per le imprese e le organizzazioni.